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Ignis ed il grande incendio.

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Il carro oscillava pericolosamente su quei sentieri di montagna, vista la discesa ripida ad ogni curva sembrava stesse per ribaltarsi, le catene mi strattonavano e ferivano polsi, caviglie e collo ad ogni contraccolpo. La salita, vista la difficoltà di trascinare il pesante carro da parte dei soli due buoi da soma era stata molto più tranquilla tanto da permettermi di riposare e riallineare i pensieri. Ormai ero lucida e riuscii a ripensare agli ultimi 5 giorni: dall’omicidio di Assor, alla fuga nella foresta, fino al mio risveglio in catene nel buio di questo carro. Ebbi abbastanza tempo per ascoltare le voci provenienti dalla carovana: c’erano almeno una decina tra uomini e mezzorchi che chiacchieravano mentre il carro avanzava ed almeno un altro carro con 4 cavalli da tiro era al nostro seguito. Probabilmente il carro di quel mago potentissimo che ha spazzato via Assor in pochi minuti. L’ennesima curva mi sorprese facendomi urlare di spavento. “ Taci Mostro!” mi apostrofò u

Un nuovo piano e nuovi poteri.

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Riamprii gli occhi nel buio di una cella risvegliato dal clangore di catene e le urla di Kolgar che urlava il mio nome: “Ivellios sei sveglio? Alzati, in fretta! Stanno arrivando!”   La poca luce che filtrava dalle fiaccole del corridoio mi mostrò il barbaro incatenato mani piedi e collo alla parete di fronte la mia. La vista ancora appannata ed il sapore di sangue in bocca mi riportarono alla mente le parole del maestro di Gahan, dopo di quelle solo un flash di tre monaci lanciati verso Kolgar con le armi spianate e Gahan lanciato verso di me per spingermi di lato prima che un bastone mi centrasse alla base del collo facendomi perdere i sensi. “ Muoviti! Fa qualcosa, prepara un incantesimo, trancia queste catene con un canto, inventati qualcosa menestrello! Stanno arrivando sicuramente per finire il lavoro! Non so perché siamo ancora vivi, ma se non mi liberi lo saremo ancora per poco!” Kolgar continuò ad incitarmi mentre tentava di staccare le pesanti catene dalla parete. Provai

Raid e...tradimenti?

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L’accampamento era illuminato da diversi fuochi da campo e qualche braciere. Una decina di tende in tutto, disposte in cerchio attorno ad una più grande e meno precaria che affacciava sullo spiazzo dove c’era il fuoco centrale. Erano tutti riuniti lì per la cena, sul fuoco erano ad abbrustolire le carcasse di due umani fatti a pezzi: i malcapitati del carro prima di noi. Ad un certo punto il suono ritmico di due tamburi mise a tacere il vociare fastidioso dei rettili. Dal tendone principale uscì, affiancata da due guerrieri massicci, una troglodita coperta di tatuaggi e monili rituali. Tutti chinarono il capo finchè lei non prese posto sull’unico scranno presente. I tamburi cessarono di annunciare il suo arrivo, ma nessuno ricominciò a parlare. Con voce roca e possente la sciamana disse: “ Figli miei e della grande Talona, oggi è stata una buona giornata: il bottino cospicuo e la cena sarà altrettanto abbondante!” Urla, applausi e grida di incitamento da parte della tribù eruppero

Formaggi, trogloditi e veleno verso sud

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La mattinata successiva la passammo a pianificare il da farsi. Kolgar aveva a tratti uno sguardo assente ed in altri momenti mi trovavo ad incrociare il suo sguardo omicida: si può solo immaginare quanto cuore e mente siano in fermento per elaborare quel tremendo lutto e la strana deviazione che la propria vita potesse avere da un momento all’altro. Gahan non aveva altre istruzioni se non quelle di tornare dal suo maestro. Bisognava tornare a sud di Baldur’s Gate, fino al centro della costa della spada, di più Gahan non volle rivelare. Ovviamente le strade non erano sicure per noi con gli incappucciati in giro alla ricerca di notizie dai sicari che avevamo fatto fuori man mano. Decidemmo di spacciarci per mercenari e cercare qualche carovana da scortare così da non dare nell’occhio e nel frattempo racimolare qualche moneta, visto che nessuno dei tre pareva avesse derubato un drago da poco. Inoltre era il metodo che il maestro ed io usavamo spesso per lasciare indisturbati città

Kolgar il barbaro della tempesta.

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Prima di lasciare la casa di Elide la mattina seguente decidemmo di fare a pezzi il tavolo del rituale e gettarli nel camino dando loro fuoco. Questo ci avrebbe dato un doppio beneficio: i vicini vedendo il fumo non avrebbero cominciato ad incuriosirsi da subito per la scomparsa della ragazza magari pensando che fosse in casa col suo amante, inoltre avremmo così cancellato le tracce del rituale evitando inutili ulteriori dicerie o allarmismi al paesello. Dopo aver comprato un po’ di provviste partimmo verso le enormi montagne a nord. Finalmente i temporali avevano lasciato spazio al sole di inizio estate lasciando la strada libera dal fango e permettendo ai nostri mantelli di asciugarsi durante il tragitto: se ci fossimo dovuti inerpicare in cima dove imperversano bufere in mezzo alle nevi perenni sarebbero serviti ben asciutti per evitare di morire assiderati.  Passate le prime due colline nel primo pomeriggio incontrammo una macchia di alberi molto simile a quella segnata sulla